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"Ecco come funziona la truffa dei cantieri a Marsala"
E’ stato un maresciallo dei carabinieri del nucleo in seno all’Ispettorato del lavoro di Trapani a spiegare, in Tribunale, a Marsala, i dettagli dell’indagine che poi è sfociata nel processo che per truffa aggravata all’Inps e falso ideologico vede imputate 40 persone (“Di Dia Giovanni + 40”).
“Su due cantieri che risultavano sulla carta – ha detto il maresciallo Lombardo rispondendo alle domande del pm Piscitello - non abbiamo trovato nessuno. Un cantiere doveva essere in via Itria, a Marsala, e l’altro alla cantina sociale di Rilievo, a Trapani. In entrambi i casi, i lavori erano stati effettuato parecchio tempo prima. E risultava chiusa da tempo, in corso Gramsci, a Marsala, la sede dell’impresa. Ai numeri civici 128 e 130 c’erano, infatti, due saracinesche chiuse e si vedeva chiaramente che non venivano aperte da diverso tempo. Poi, la sede è stata spostata a Partinico. Abbiamo controllato anche li, ma anche a Partinico abbiamo trovato chiuso. Dalle carte, inoltre, emerge che al massimo sono stati pagati due operai... Abbiamo dato alla Agema la possibilità di fornire spiegazioni e giustificazioni, ma non abbiamo avuto alcuna risposta”. Secondo l’accusa, l’ammontare della truffa all’Inps sfiora i 270 mila euro. Imputati sono alcuni imprenditori e loro dipendenti, almeno sulla carta, che in concorso avrebbero chiesto e ottenuto indennità di disoccupazione, per l’accusa non dovute, tra 600 e 12 mila euro ciascuno. Gli imprenditori sotto processo sono Giovanni Di Dia, di 51 anni, di Marsala, Salvatore Leggio, di 42, di Partinico, e Giuseppe Romualdo Bonafede, di 62, marsalese, ma residente a Trappeto. I tre sono imputati anche per associazione per delinquere. La vicenda ruota attorno all’impresa edile “AGEMA srl” di Marsala, di cui Di Dia è stato amministratore unico dal 30 gennaio 2014 al 30 luglio 2015, mentre Leggio ha ricoperto analoga carica dal 31 luglio 2015 in poi. Bonafede, invece, dell’Agema sarebbe stato responsabile pro-tempore. Secondo l’accusa, i tre si sarebbero associati allo scopo di truffare l’Inps, stipulando con i “falsi operai” contratti per “false assunzioni”, per poi interrompere i rapporti con “falsi licenziamenti”. Ciò al fine di fare incassare a 43 marsalesi “indennità di disoccupazione”: da circa 600 ad oltre 12 mila euro a testa.

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